Anche
quest'anno volevamo cimentarci in una zingarata tra amici; la scelta
è caduta su di una meta assai impegnativa dal punto di vista
fisico e fisiologico: la risalita del Corno Grande!
Dovevamo andare in 4-5, ma la suggestione dei luoghi, il caldo
infernale patito nella ns città e la speranza di una
parentisi di refrigerio, ha fatto esplodere l'adesione di molti tra
noi, arrivando a comporre un gruppo di 25 persone circa.
L'organizzazione logistica per il soggiorno in loco di così
tante persone è stata sofferta ed elaborata, ha messo a dura
prova il ns puntiglioso organizzatore (beh, tenere a bada una
turma di vetusti dilettanti briganti non è facile!),
ma l'impegno è stato ben ripagato dalla perfetta riuscita
dell'escursione!
il Gruppo del Gran Sasso misura circa 50 km ed è orientato da nord-ovest a sud-est; consta di due sottocatene principali parallele: la prima, più settentrionale, si estende dal Monte Corvo (m 2623; nord-ovest) al Vado di Sole (sud-est). La sottocatena meridionale si estende dal Passo delle Capannelle e dal Monte S. Franco (m 2132; nord-ovest) al Monte Capo di Serre (m 1771; sud-est). Al di là di questa zona centrale vi è un'ampia zona sud-orientale, chiamata dei "contrafforti meridionali", caratterizzati da numerosi rilievi meno elevati. Le cime maggiori si trovano nella sottocatena settentrionale: il Corno Grande, che consta di tre vette principali: quella orientale (m 2903), la centrale (m 2893) e la maggiore, quella occidentale (m 2912), che è anche la vetta più alta di tutti gli Appennini; ed il Corno Piccolo (m 2655). Fra i due corni si trova il Ghiacciaio del Calderone, il più meridionale dei ghiacciai europei.
Da un punto di vista geomorfologico, il Gran Sasso è un massiccio di origine sedimentaria costituito da dolomia, calcari generalmente compatti, e marne. Originatosi circa 6 milioni di anni fa (Miocene), nel contesto dell'emersione degli Appennini, subì successivamente fasi di spinta e compressione che generarono una serie di fratture e di abbassamenti (Val Maone, Valle del Venacquaro, Campo Pericoli, Campo Imperatore). Su queste, a partire da 600.000 fino a circa 10.000 anni fa, agirono le forze erosive delle glaciazioni. L'altitudine, la composizione delle rocce, il tipo di erosione a cui è stato soggetto, fanno del Gran Sasso la montagna appenninica più simile a gruppi alpini dolomitici .
Il 22 agosto 2006 nella parete nord (il paretone) del Corno Grande si è verificata una frana di grandi dimensioni (da 20.000 a 30.000 m3 di roccia si sono distaccati dal quarto pilastro)!
Il massiccio del Gran Sasso risulta popolato da almeno 100.000 anni prima di Cristo. Reperti ritrovati a Campo Pericoli attestano che, in Età del bronzo, i cacciatori preistorici traversavano il territorio da Campo Imperatore a Campo Pericoli attraverso i valichi della Portella e della Sella dei Due Corni. In quest'epoca (XIII-XI secolo a.C.) vi era certamente un insediamento di cacciatori-raccoglitori nella zona di Rocca Calascio, come dimostrano resti di ceramiche rinvenuti in loco ed una punta di freccia, in bronzo, con due fori, considerata, ancora in anni recenti (2000), unica in Italia.
I numerosi passi che mettono in comunicazione il versante teramano con quello aquilano hanno favorito, fin dalla preistoria, un intenso scambio commerciale fra l'economia prevalentemente agricola del versante settentrionale e quella basata sulla pastorizia del versante meridionale. In questa zona vennero aperti numerosi tratturi , cioè vie di tansito per la transumanza delle bestie, utilizzati dai pastori per condurre le mandrie ai pascoli del Tavoliere delle Puglie prima dell'arrivo dei rigidi mesi invernali.
Il nome Gran Sasso cominciò ad essere utilizzato a partire dalla sconda metà del XVIII secolo, mentre prima il massiccio era conosciuto come Monte Corno ed ancor prima, dai Romani Fiscellus Mons (Monte Ombelico) per la sua posizione al centro della penisola italica.
[Notizie tratte da Wikipedia]
Pietracamela (TE), situato a 1005m slm, è uno dei comuni più alti della Provincia e si estende per circa 45Kmq lungo il lato adriatico del massiccio del Gran Sasso. Conta nel suo territorio ben 250 abitanti residenti ( di cui solo 3 nella frazione di Prati di Tivo!) ed è l'unico ad avere l' intero territorio compreso nel Parco del Gran Sasso - monti della Laga.
E' un borgo di montagna davvero antico, arroccato come un nido d’aquile, là dove la valle del Rio Arno si amplia e cambia pendenza. Un grappolo di case mimetizzato in una cornice di pareti e alberi, armonia di tetti in cotto e di verde. Molte delle case sono originarie del 1500 o addirittura del 1400: sulla vecchia torre che si incontra entrando in paese, ora divenuta casa del canonico, si puo' leggere la data incisa sulla finestra -1550; la chiesa di San Donato e' del 1530, e quella di San Giovanni e' datata addirittura al 1432. La chiesetta dedicata a San Rocco risale al 1530, quella di San Leucio (e' il santo patrono) conserva, oltre all' organo in legno, una curiosa acquasantiera con scolpiti animali acquatici tipici della zona.
L'insediamento è antico e dalle origini leggendarie, certamente attivo in età romana. Dalle prime notizie storiche si apprende che inizialmente esistevano tre villaggi distinti: S.Leucio, Plicanti e Rioruso che per eventi ignoti si fusero insieme. Il nuovo paese si chiamò forse Petra Cimmeria, dai popoli Cimmeri, o Cameria, dai Camerti, secondo Mario Montebello; ma altri pensano che il toponimo sia dovuto alla grande roccia a forma di cammello che sovrasta le case.
Le testimonianze artistiche sono numerose: sopra il paese, tra rocce e fienili in parte trasformati in villette, resiste un ambiente montanaro - "Sopratore" e "Segaturo" - assai caratteristico, piu' volte ritratto dal pittore pretarolo Guido Montauti (1918-1979) ed affrescato sulle rocce dal suo gruppo artistico "Il pastore bianco". Verso valle, alle prime case del quartiere meno antico dominano "La Villa" , è l'odierna parrocchiale di San Leucio.
Proseguendo sulla strada oltre Pietracamela si sale fino a quota 1450, raggiungendo, dopo circa 5 km, Prati di Tivo [42°30′N- 13°34′E], la più attrezzata stazione invernale del Gran Sasso d'Italia. I Prati di Tivo (alcuni ritengono che Tivo sia una mitica divinità silvana), si estendono da m. 1450 ai 2000m dell'Arapietra dov'è la statua bronzea della Madonnina del Gran Sasso, che fu scalato la prima volta già nel 1573 dall'ingegnere bolognese Francesco de Marchi. Una comoda seggiovia porta sino alla "Madonnina" a 2042m e da qui si dipartono sentieri di varia difficolta' che portano, tra l'altro, anche alla sommita' del Gran Sasso stesso. Il rifugio Franchetti, alla base del ghiacciaio del Calderone a 2433m, si trova ad un'ora di cammino dalla "Madonnina"; a due ore dal Franchetti è invece raggiungibile la vetta del Corno Grande a 2912m.
Nel marzo del 1991 il Comune ed il CAI hanno reintrodotto in area il camoscio d'Abruzzo, una specie faunistica che era scomparsa da questi monti per cause antropiche all’inizio dello scorso secolo, istituendo contemporaneamente la Riserva Naturale Corno Grande di Pietracamela, la cui gestione fu affidata allo stesso CAI, proteggendo cosi' oltre 2200 ettari di montagna incontaminata. Oggi una trentina di esemplari corrono liberi tra prati e balze rocciose e non e' affatto raro scorgerli mentre si percorrono i sentieri della Riserva, così come è difatti capitato a noi.
Nella Riserva si trovano ben tre rifugi del CAI: il Franchetti, il più recente, costruito nel 1959 utilizzando le pietre del luogo, è posto nella parte alta del vallone delle Cornacchie a 2433 m, tra le pareti del Corno Piccolo e del Corno Grande. Il Duca degli Abruzzi, del 1908, a 2388 m sulla cresta del Monte Portella tra Campo Imperatore e Campo Pericoli, in posizione aerea con vedute sul gruppo. Il Garibaldi, il più antico, del 1886, nella conca d’oro di Campo Pericoli, a 2230 m, immerso in un suggestivo ambiente carsico dall’elevato valore naturalistico dove a pochi passi, ha avuto inizio la reintroduzione del Camoscio.
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Il 31 ci aspettava la risalita lungo il sentiero 3 del CAI verso il Corno Grande, partendo dalla Stazione alta della seggiovia, con sosta al Franchetti.
Satolli di colazione tutti siam partiti alle 9:00 dalla Stazione di Prati, giungendo verso le 9:20 alla Madonnina. Una nuvola alla "Fracchia" copriva la cima del Corno Grande ( fenomeno capitato solo in quel giorno tra i tre ivi rimasti) e man mano che salivamo si trasformava in nerume in quota, arrivando a coprire i 4/6 del cielo.
Pazienza, chi aveva deciso di andare, andò: ci incamminammo a gruppetti, ad intervalli di una decina di minuti.
I 6 più decisi partirono subito, di lena, gli altri con più circospezione: ma quasi tutti siamo giunti al Franchetti.
Solo sei persone hanno dato forfait, cinque persone fin dal giorno prima, una sesta per vertigini dopo poco sopraggiunte.
Qualcuno ha coperto i circa 1600m di cammino per 400m circa di dislivello in 50 minuti, altri in 80 minuti, ma tutti si son fatti onore in un percorso con caratteristiche nuove rispetto ai ns abitualii e in condizioni fisiologiche non prima sperimentate. Ma chi scrive sente il dovere di elogiare in primis due tiburziani: uno, afflitto da più giorni da coliche renali e con febbre a 38°C fino ad appena il giorno prima; l'altra con menisco al ginocchio sinistro sofferente, in dubbio fino alla stessa mattinata: entrambi lentamente ma sicuramente sono arrivati al Franchetti! Anzi, il sofferente di calcoli renali, ha quasi risolto il problema delle coliche, perchè dopo lo sforzo della salita, ristorata da una favolosa zuppa di legumi, è disceso di gran carriera e non ha avuto più dolori e coliche da allora!
Sei del gruppo, 5 uomini ed una Donna, quelli più determinati e decisi, si son mossi verso le 11 in direzione della vetta del Corno Grande (2912m) e qui riferiscono d'esser giunti verso le 13, dopo un breve ma faticoso cammino, reso difficile per la confusione della segnalazione CAI oltre il Passo dei due Corni e dalle nuvole incipienti, per poi tornare al Franchetti verso le 14:30.
Da qui, divisi in due gruppetti (uno di cronometristi, l'altro di arrampicatori sistemici) son ripartiti per la Madonnina.
Verso le 11:30 , altri 5 o 6 volenterosi si sono incamminati verso la vetta, ma mica tanto convinti: non per la stanchezza fisica, ma per l'avvicendarsi veloce di nuvole sulle cime intorno e lungo il crinale tra la Sella dei due Corni (2547m) e Passo del Cannone (2678m) che coprivano il già mimetico sentiero di pietrisco. Il dubbio di venir avvolti nella nebbia lungo la salita o la ridiscesa, ha convinto anche i due tra questi più audaci, già oltre la Sella, a desistere.
E bene fecero, perchè ritornati al Franchetti, ebbero solo il tempo di rifocillarsi e, con gli altri ivi rimasti, scendere a valle verso le 14:00, quando, lungo la discesa, furono sorpresi dai prodromi di un sonoro temporale di acqua mista a grandine. Gli altri, i "passisti sistemici " lo hanno beccato in pieno, arrivando alla stazione della seggioivia della Madonnina ben fradici. Tutti dovettero però sostare, accalcati nel bar della stazione, per un'oretta abbondante: tanto era forte e con scariche elettriche il temporale, che la seggiovia dovette sospendere il servizio per sicurezza da fulminazione!