giunti entro il perimetro della “città morta” in piacevole compagnia di Nicola, Giuliana e Roberto, divorammo con gli occhi le interessanti rovine medievali che ci si presentavano avanti, avendo, man mano, la sensazione di penetrare entro un territorio amico, “déJà vu”. .
Quei reperti potevano ricalcare, pur non palesandolo apertamente, un preesistente anonimo centro etrusco perché presumibilmente edificati sopra emergenze antiche.
L’acropoli etrusca sotto il castello baronale, poteva starci benissimo! Mentre le chiese di S. Andrea e S. Nicola sovrapposte ai templi “pagani”. Un profondo fossato, coperto da vegetazione, fiancheggiante le mura perimetrali, probabile opera di difesa del IV secolo a. C., realizzato contro le invasioni nemiche.
Giunti sul ponticello dell’Arrone, di fronte alla graziosa mola, arriva la conferma! Si presenta infatti, inequivocabile, l’ingresso di una tomba etrusca a tholos. Un’ampia cavità scavata nel banco di tufo, la cui volta, per sicurezza statica, poggia al centro su una colonna ancora in situ, secondo i canoni edilizi etruschi. Questa tomba gentilizia sul colle opposto a quello di Careia, segna l’area necropolare del piccolo centro, da questo divisa dal fiume Arrone (Acheronte metaforico?). Il colle di origine alluvionale, custodisce presumibilmente entro sé la necropoli etrusca (che resti fra noi!!!).
Careia, si presenta come una penisola, in cui l’Arrone ed un fosso ( di Santa Maria ?), impediscono l’accesso da tre lati, mentre un istmo la lega, attraverso una selciatina, al resto del mondo, che converge entro un gran portale volto ad est, sotto le imponenti mura. Un ulteriore porta, poco più avanti, assicura un doppio controllo all’ingresso nella città. Ciò nonostante queste precauzioni Careia e stata espugnata più volte.
La città, dopo la conquista romana, le invasioni barbariche e dei popoli dal mare (saraceni), cade in un profondo torpore e degrado, per risorgere, dopo un secolare letargo, con l’avvento del medioevo.
Le imponenti vestigia, seppur dirute, ancora visibili, rendono l’idea del suo florido passato medievale. Vicino a Careria passavano ben due acquedotti l’Alsietino proveniente dal Lago di Martignano e il Sabatino dal Lago di Bracciano. Era posta inoltre su un fiume navigabile, e prossima alla Vie Clodia e Cornelia.
Tutte queste infrastrutture ponevano in comunicazione il centro con il ricco entroterra ed i porti del Tirreno.
Il suo sviluppo era quindi legato, a fatti di strategicità economica, territoriale e viabilità.
Ma dopo alterne vicende faziose tra le varie signorie romane, il centro si spopola fino al completo abbandono, avvenuto nel 1700. Si dirà per un’epidemia malarica! Mah chi ce lo potrà confermare! Ma è pur vero che poco avanti, verso Torrinpietra era presente una vasta area paludosa.
Lo sviluppo del territorio era stato anche avviato con la creazione, nelle vicinanze, di due domuscultae, ad opera dei Papi, Adriano I e Zaccaria, società agricole organizzate, tese a ripopolare l’agro romano.
I pochi superstiti costruiranno poco avanti S. Maria di Galeria, ove confluiranno.
Ma il piccolo Centro, retto da una società prettamente agricola, forse nel ricordo delle domuscultae, create in zona almeno mille anni prima, stenterà a decollare. Le impostazioni canoniche del S.Spirito non saranno state sufficienti per il sostentamento degli abitanti, che migreranno verso centri egemoni limitrofi volti ad economie più moderne, commerciali ed industriali.
Ma vediamo in sintesi, alcuni brani su quanto è stato scritto in proposito.
”Come centro di vita e di attività sociale, la cittadina di Galeria, tanto fiorente nell’età medievale, è oggi scomparsa; ne rimangono solo rovine a strapiombo sull’Arrone; al disopra delle rovine si erge il campanile della chiesa baronale, circondata dai muri robusti del castello e da quelli perimetrali delle case e delle chiese; più in basso, le mura possenti con la porta di ingresso; sul fiume il ponte e la mola.
La vita, un giorno tanto intensa nella località, fiorisce oggi poco lontano, in una picola borgata agricola: Santa Maria di Galeria, detta anche Santa Maria di Galeria in Celsano.
Nel piccolo centro sopravvive il nome della città morta. Nome la cui origine si perde nei secoli. Galeria infatti è nome citato in numerosi testi classici, fra cui Livio e Plinio; inoltre compare in parecchie iscrizioni, sia per intero che abbreviate.
Le menzioni sono relative alla tribù Galeria, una delle 17 tribù rustiche nelle quali fu suddivisa la popolazione dell’Agro Romano all’epoca di Servio Tullio (578 – 539 a. C.).”
Discutibile appare quest’ultima nota. Nel periodo Serviano Roma non aveva ancora annesso alcun centro della Tuscia.
Presumibilmente il nome della città, anziché dalla tribù Galeria, deriva dal termine etrusco “Careia”, in qualche modo legato ai carri ed al trasporto. Careia era forse una stazione di cambio cavalli posta sulla confluenza di due strade.
Maggiore attenzione dobbiamo prestare a un’epigrafe, che ancor oggi si trova fra le rovine della chiesa di S. Nicola; essa è dedicata a un Tarcontio, nome anche questo di chiara origine etrusca. Il testo dell’iscrizione è il seguente”” a fianco è riportata la presumibile traduzione
C. Tarcontio C F |
Caio Tarcontio Capo Famiglia |
Caio Tarcontio Capo Famiglia Pietosamente qui seppellì (i profi figli) Caio Tarcontio C L Quirino Massimo Tarcontio C L (Pimigenia) Quirino Massimo visse soltanto anni cinque 19 aprile
”Risorta come castello feudale, Galeria divenne una vera cittadina, tanto che - con una bolla di Giovanni XIX, del 1027 si parla di un “amplus et magnus populus Galerianus”” - era già dotata di due chiese: S. Nicola e S. Andrea. La stessa bolla parla della nomina di Comes Galeriae di un certo Joannes Tocco.”
Il “golpe” dei Signori di Tuscolo. – Benedetto X l’antipapa,
Papa Stefano IX, in viaggio per Firenze, il 20 marzo 1058 morì appena giunto. Sepolto nel Duomo della città, dal Vaticano si attendeva presto la nuova nomina. Ma in Roma, i potenti signori di Tuscolo, parenti di Stefano IX tentarono il colpo, facendo eleggere al soglio pontificio, col nome di Benedetto X, il vescovo di Velletri, una persona a loro vicina, tal Giovanni il Mincio (il Minchione!).
Frattanto nel gennaio del 1059, con il placet delle case regnanti europee e delle alte cariche ecclesiali, Gerardo, Vescovo di Firenze saliva al trono di Pietro. Nello stesso anno, “l’antipapa” Papa Benedetto X, viste le cattive acque, riparava in Galeria. Rintracciata la località di fuga, gli avversari di Benedetto dopo inutili tentativi di espugnarla, con l’ausilio di truppe Normanne ed un ulteriore assedio, costrinsero la città a consegnare Benedetto X. Il quale fu deposto e relegato entro il convento di S.Agnese in Roma.
Signorie che si sono succedute nel periodo medievale
Fino al 1276 fu proprietà dei conti di Galeria, che la ricostruirono ed ampliarono dopo che nel 840, fu saccheggiata e distrutta dai saraceni; subito dopo appartenne alla potente famiglia romana degli Orsini, poi agli Odescalchi ed ai Manciforte. Nel 1486 divenne di proprietà dei Colonna, vennero poi i Caetani, i Savelli ed infine i Sanseverino.
“Il fantasma senz’affanni” “Un’antica leggenda del luogo narra la storia di un fantasma menestrello di nome “Senz’affanni”. Morto circa trecento anni fa, torna puntualmente ogni anno, tra le antiche mura di Galeria cantando e suonando per la sua amata donna in sella ad un bellissimo cavallo bianco. Ma la leggenda sembra aver preso vigore tra coloro che asseriscono di sentire il rumore di zoccoli e un suono simile ad un lamento che proviene dalla valle sottostante l’antico abitato. Le stesse persone asseriscono di averlo sentito specialmente in inverno, durante le piene del fiume Arrone. Chi non crede alla presenza del fantasma sostiene che il rumore che si ode, accompagnato da un sibilo simile ad un lamento, altro non è che lo scorrere del fiume sulle rocce nel punto in cui questo attraversa alcune cavità sotto il borgo.” – Andrea Mucciolo.
Vanì 23/09/10
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