L'escursione è semplice. Inizialmente si segue la strada principale di Barbarano, partendo dalla bella porta d'ingresso (Foto. 1) fino ad una discesona sulla sinistra (Foto. 2), per la quale si arriva nel fondo-canyon nel quale scorre il Biedano. Da lì è solo individuare il corso del Torrente Biedano e seguirne il letto. La mappa Google in basso è di per se indicativa.
FOTO 1. L'ingresso del paese | FOTO 2. Un bel passaggio |
Quando alle 8:20, giunto in Viale Berlinguer, per il solito appuntamento quindicennale, c'era soltanto una macchina ad attendermi, ho pensato ad un aggiotaggio dei miei "seguaci" da parte di nemici rivali. Invece il vento di tramontana, abbassando di ben 10 gradi la temperatura del territorio, aveva consigliato ai "tiburziani" di impiegare meglio il tempo in .... altre cose più interessanti? Mah! Fiduciosi, io e Toni, all'addiacio, abbiamo atteso una decina di minuti, infine ripagati da inusitati arrivi di ritardatari che, giungevano all'appuntamento da tutti i pizzi, così bardati da poter affrontare i rigori del polo nord. Giacche a vento, passamontagna, guanti, ghette, sciarpe svolazzanti e foulard. Qualcuno non usciva neppure dalla macchina per ricevere le ultime indicazioni del giorno sul percorso, abbassavano semplicemente di poco il finestrino dell'auto.
Dopo un viaggio di circa 40 chilometri, giungiamo avanti la porta castellana di Barbarano. Qui la nostra tramontana è sostituita da una specie di superbora balcanica. Scendiamo dalle auto, già intirizziti, con le nostre attrezzature al seguito, zaini bacchette macchine fotografiche, giusto in tempo per prendere, a cura dei barbaranesi, un tonico caffè corretto e qualche complimento … " ma queste so tutte matte ", " io vorrebbe sapé chi ve manna oggi in giro " . Confortati, partiamo, scendendo per la tagliata di porta Romana giù giù sul Biedano. La strada, ben restaurata con lastre di basolato, scende a gradoni rifiniti sul bordo dalle crepidini, proprio come le regole della buona costruzione imponevano una volta. Ciò lascia intendere che un dì, non tanto remoto, da qui scendevano carri a trazione animale per i servizi di Barbarano. Raggiungevano le varie mole poste sul fiume, entro la forra, per la macina del grano e delle olive, raccogliendo il taglio del bosco per le esigenze del paese. Lungo la discesa si incontrano numerose vecchie abitazioni in grotta o tombe etrusche, trasformate in depositi attrezzi.
Intercettiamo il sentiero sul Biedano, tra coste alte fino a 70 metri, tra una folta vegetazione di alberi ripariali (pioppi, ontani, querce, castagne, mele selvatiche e noci) da cui discendono numerose liane (Clematis vitalba) ed un sottobosco particolare (felce, capelvenere, farfaracci). Il sentiero è molto curato, E pensare che questo fantastico mondo verde si regge in piedi su una sorta di equilibrio e riciclo delicato delle acque, dal clima del tipo amazzonico equatoriale. A quel tipo di clima (a circuito chiuso) pensai subito, quando la prima volta percorsi questo sentiero, che trovai di vegetazione lussureggiante anche in una primavera inoltrata di un periodo siccitoso. Questa lunga e profonda forra creata dai torrenti che scendono verso occidente, riesce a trattenere l'acqua e l'umidità costante al suo interno, per la sua conformazione rocciosa (tufo poroso), e per la fitta vegetazione esistente. Mentre le alture soprastanti, una volta ricoperte da foreste secolari, sono ormai ridotte dal latifondo, ad una sterminata maggese. Oggi comunque il Biedano, a causa della scarse precipitazioni, è ridotto ai suoi minimi storici: appena si scorge affiorare dall’alveo.
Il serpentone dei trekkisti sfila lungo; di quando in quando, si blocca, per osservare e riprendere angoli di paradiso illuminati da una lieve luce solare uniforme e diffusa. In alcuni tratti rari raggi di sole tagliano obliquamente il percorso creando scenografie particolari. Incontriamo i resti di qualche mola, irriconoscibile, ormai ridotta ai minimi termini. Soltanto la vista della ruota per la macina ci riconduce a quello che era una volta. La vegetazione si è impossessata di questi ruderi, rendendoli particolarmente suggestivi.
Traversiamo più volte il Biedano, senza eccessiva difficoltà, ridotto ormai ad un rigagnolo per le scarse piogge cadute. Eppure ovunque la vegetazione si presenta folta ed ancora più agguerrita. Le felci ad esempio si sono moltiplicate e scendono dalle ripe, tutte sospinte e proiettate, una dietro l'altra, a raggiungere il greto del fiume a contendere la poca acqua delle pozze, che gli alberi, pur a distanza, attingono con le proprie radici. L'aria, all'interno delle forre, è piuttosto dolce ed i pesanti indumenti da noi indossati, ad uno ad uno, finiscono attorno alla vita od entro gli zaini. Raggiungiamo finalmente la mola grande, ormai raro esempio di architettura idraulica medievale, per lo sfruttamento dell'energia cinetica dei liquidi. L'acqua, qui raccolta in un grande bacino nel letto del fiume, viene convogliata entro un canale scavato lateralmente nella roccia, ove fuoriesce, in un punto di pendenza, facendo girare delle pale montate a cerchio su un asse, che per effetto diretto, muove una o più macine, secondo un movimento circolare. E doveva essere molto utile ed importante per le economie locali, nel passato, una mola ad acqua. Tolte le spese di impianto e manutenzione, praticamente funzionava e svolgeva il proprio lavoro a costo zero. Si tramandano infatti nel territorio storie di conflitti e contese tra paesi limitrofi, per entrarne in possesso.
Continuiamo il nostro percorso incontrando, di quando in quando, grosse caverne, ripari in grotta una volta a livello delle acque quando il fiume scorreva più in alto, ora però a parecchi metri di distanza dal suolo. E’ questa l’indicazione del logorio, lento e continuo, che il Biedano ha operato nel tempo ai danni del proprio letto. Alcune grotte, dall’ingresso ben riquadrato, si scorgono in alto, a 50 70 metri dal suolo, sicuramente inesplorate. Servono ora da riparo e nido per i rapaci, ormai rari. Le defecazioni dei nidiacei si notano sul bordo della roccia. Mentre la vegetazione alta lascia intravedere l'immagine del moderno ponte ad una sola arcata, che consente alla strada provinciale di by-passare la immensa forra del Biedano in prossimità del paese di Blera. Questa visione ci preannuncia la fine del nostro viaggio e dei nostri sogni. Qui ritorniamo nostro malgrado nel mondo ed al "travaglio usato". Tanto forte è il "transfert" che esercita su di noi il percorrere, per un paio d’ore, un ambiente così integro e naturale, in pace, lontani dai clangori della civiltà del XXI secolo. Quante analogie scorgo tra un'escursione ed il "Sabato del Villaggio"!
Pranziamo su un piccolo ponte. Si tratta di un opera etrusca, ove sopra transita la Via Clodia (*), ancora solida sulle sue sostruzioni. Ma quanti anni hai domando fra me e me al ponte! "Non tanti, all’incirca 2400". Però te li porti bene a pensare che ancora traghetti le persone da una sponda all’altra così, come il tuo pronipote che sfoggia di lassù la sua arcata. " Si però lui deve ringraziare cemento ed acciaio …".
Vanì, 21/10/07.
(*) – La Via Clodia congiungeva la riva destra del Tevere con Tuscania, seguendo tagliate etrusche e sentieri preesistenti, toccando i centri di Forum Clodi - Marturanum – Barbarano – Blera – Norchia.
BY ACE - GRUPPO TREKKING TIBURZI.