“TREK” DALLA TOLFACCIA A S.MARINELLA

Oggi è l'ultima passeggiata della stagione, illuminata da una splendida giornata estiva, dopo giorni di brutto tempo che c'aveva fatto pensare ad un inverno eterno..

Pochi tiburziani di stagione: mancavano molti veterani, forse rammolliti da troppe libagioni o arresisi agli acciacchi che, tanti o pochi, ci prendono ad una certa età! Molti nuovi, in ispecie un favoloso bambino che, senza fiatare, s'è goduto circa 12 Km di discesa nel verde pieno di profumi. Un ritorno Angelico: la ns scopa, finalmente tornato ai lidi nativi dopo una lunga trasferta in Padania, a badare a questi ns figli che proprio non vogliono saperne di far da soli! ( ma non è colpa loro: è ns, chè fin da piccoli gli abbiamo dato ancor prima che loro sentissero il desiderio di avere).

“LA CRONACA DEL NS CONDUCTOR“

Finalmente siamo in grado di pubblicare le solite note sul percorso, in ritardo di un mese rispetto all''avvenuto: un pò a causa di forti impegni del ns, molto a causa mia, preso da impegni di lavoro pressanti e da una lunga assenza trascorsa sul "Cammino di Santiago" ; eccola .


Maestoso, dietro noi, il Monte della “Tulpha nova”, si staglia con la sua intricante immagine tronco conica, verso l’ultimo orizzonte.

E’ il più bel domo vulcanico del territorio. Quanto ad aspetto ed imponenza, supera tutti gli altri pur al cospetto di altre realtà altrettanto suggestive: quali la storica e ferrigna Rocca Frangipane, a nord, e più avanti, il più elevato Monte Cocozzone, cui doveva essere legato per comunicare velocemente, nel “viterbese”, imminenti pericoli di invasioni di genti provenienti dalla costa tirrenica.

Oggi partiamo proprio sotto di lui, a fianco della bella villa romana, per un lungo e comodo sentiero, con ampia vista sul favoloso litorale laziale, fiancheggiato da due compari poco raccomandabili e sornioni, i torrenti Sciatalone e Stazzalone, che con le loro balzane ed improvvise piene, più di un grattacapo hanno procurato agli abitanti delle valli.

Il percorso, scelto ad hoc, per far conoscere ai tiburziani l’ennesima strada per la Tolfa, è stato calcolato in c.a. Km. 10.900. Esso si snoda dolcemente sotto di noi, digradando di collina in collina, da quota 400 s.l.m. , fino a raggiungere le ridenti spiagge di S.Marinella sud.

Il Tiburzi oggi è ben rappresentato! C’è anche qualche rientro importante, una scopa storica ed alcuni altri della vecchia guardia che tornano nei ranghi, poi anche delle giovani donne e dei bambini “mascotte” . Ma prima di parlare delle disavventure della traversata, annotiamo qualche riferimento storico e geografico, del mondo che ci circonda e delle sue belle lande disabitate.

Tutte le strade portano a Tolfa?

Si, ma è opinione del tutto personale, e come tale da prendere con le dovute riserve, punto di vista inconfutabile, ove fosse corroborata da uno studio sistematico di tutti gli originari itinerari presenti sul territorio e da una ricostruzione storica delle popolazioni che nel luogo hanno vissuto e ricavato di che vivere.

I tracciati tutt’ora presenti, ed altri di cui è rimasto soltanto qualche raro spunto ancora visibile, condividono geologia ed orografia, motivazioni storiche, religiose, economiche e politiche.

Opportunamente tracciati su una specifica carta, i tratti stradali presenti ed altri ormai scomparsi, di cui si conosce con una certa approssimazione il territorio attraversato, si dipanano a raggiera dalla Tolfa a Tarquinia, Tuscania, Blera, Civitella Cesi, Civitavecchia, Punicum, Pirgy, alla Castellina del Marangone, a Viterbo, Cere, alla Tuscia Viterbese ed al territorio Falisco.

Chiare le motivazioni economiche! Il notevole bacino minerario collinare, nei vari periodi storici ha interessato ed attratto le popolazioni che qui hanno incrociato il loro destino. Ma forse molto ancor prima, quando i Monti della Tolfa apparivano isole nel più vasto bacino tirrenico ed il Lazio era prossimo a formarsi, sporadiche popolazioni preistoriche dell’uomo di Neanderthal in conflitto con l’extracomunitario “Sapiens Sapiens”, hanno qui convissuto. Ma nessun reperto scheletrico di questi “laziali” primitivi è mai qui venuto alla luce. Ma se fosse accaduto, è stato forse al cospetto di persone ignare che neppure si sono rese conto dell’importanza del rinvenimento. Ma, parti dello scheletro di “elephas antiquus”, sono venute alla luce nel bacino del Mignone, e forse anche presenti nell’alveo di altri torrenti, mentre manufatti litici, ciottoli di fiume o schegge di selce lavorati, sono emersi qua e la, in alcuni luoghi, in depositi preistorici, e senza neanche eccessiva rarità. Segno dunque della diffusa presenza dell’uomo preistorico di cui ci sono pervenute soltanto stoviglie ed armi. Ma, al contrario, il suo deperibile scheletro, non ha retto, e né avuto la fortuna di “cadere” in “materni” strati di argilla, ma noi pazientemente aspettiamo sempre.

E’ stata poi la volta delle popolazioni dell’arco appenninico, a lasciare “tracce di camminamenti” legati alla pastorizia stagionale. Sono queste le artefici dei millenari tratturi, con andamento est-ovest ed incrocio sui monti della Tolfa che fungevano da nodo stradale, per portarsi nelle vaste, verdi ed amene praterie della Tuscia e della Maremma.

Successivamente, l’era del bronzo, nell’arco di tempo di mille anni c.a., gli etruschi, popolazioni greche e mediorientali, attratti dal bacino minerario tolfetano, hanno tracciato notevoli vie di comunicazione con andamento ovest-est, dal mare ai monti.

Segue una romanizzazione, con i suoi effetti deleteri su tutto il comprensorio. La costruzione ex novo di strade consolari, il raccordo di queste su preesistenti collegamenti etruschi. Poi è la volta delle invasioni dei popoli germanici. L’alternanza dominante sul territorio ora dell’imperatore ora dello stato pontificio.

Gli ultimi interventi sulla rete viaria si concludono con la scoperta dell’allume della Tolfa quando vengono aperti nuovi tratti per le “cave”, per il rapido collegamento con il porto di Civitavecchia.

Troviamo quindi sul nostro territorio incise al suolo, una quantità notevole di vie di comunicazione, molte a raggiera, altre che si intersecano o sovrappongono, aperte per diversi scopi.

Ma prima di passare in rassegna tutte le vie comunicazione che raggiungono la Tolfa ed i suoi colli, ritengo opportuno un accenno storico alle due “Tolfe”, per quanto risulta reperibile nella letteratura locale.

La Tolfa Nova, posta in cima al colle della Tolfaccia, termine inspiegabilmente spregiativo, cui fa eco l’altro affibbiato alla sottostante località con fontanile, detto la Fontanaccia. Scarsa simpatia dell’uomo comune per i due luoghi?

Il borgo costruito in cima al colle, non fu affatto opera degli abitanti della Tolfa vecchia, per sfuggire ad invasioni o scorrerie subite dal loro paese. Di certa origine etrusca, certi ambienti storici, la riconoscono, dopo la romanizzazione, nel paese di Forum Clodii. Ma è certo che la Tolfa Nova fu indipendente da ogni centro vicino, ed assunse importanza strategica nel medioevo e nell’età moderna, quando sotto la prefettura dello stato pontificio, è governata dalla potente famiglia Di Vico. Quasi certamente fu devastata dai Saraceni, che risalirono le colline dal mare, per un itinerario opposto a quello odierno del Tiburzi.

La Tolfa Vecchia, di origine etrusca anch’essa, non sembra aver subito nefandi effetti della romanizzazione molto evidenti.

Luoghi come “Poggio Baldone”, “Costa Lombarda” ed il Cimitero Longobardo, la pongono come un’isola longobarda entro il Patrimonio di S. Pietro. Signori del luogo i “Guastapane”, “Mezzopane” e “Frangipane”, anch’essi di origine germanica, lasciano intendere quanto in paese sapeva di “sale lo pane altrui”.

Eccovi l' elenco delle varie strade che attraversano il territorio della Tolfa.

La maggior parte delle vie suddette ricalcano precedenti Vie di comunicazione e si presentano su fondo asfaltato, terra battuta, o lastricato di pietre o basolato. Qualcuna è scomparsa alla vista tranne apparire per alcuni tratti entro il fitto dei boschi.

Le vie più brevi, non sono state prese in considerazione, alcune sono riportate con il solo nome della località più prossima. Sarebbe meritorio invece uno studio approfondito e la creazione di una apposita carta stradale con l’indicazione dell’esatto tracciato di tutte queste vie di comunicazione, ove ricostruibile, del nome storico e/o toponomastico.


“L' ODIERNA ESCURSIONE “

Giusto numero di partecipanti. Una piccola sosta per alcune indicazioni e giù giù fino a raggiungere il Mar Tirreno per circa 11 chilometri, che avanti a noi sembra così vicino quasi da poterci immergere un dito. Poi le Coste del verde bosco di Freddara ed ancora intorno le ridenti valli dello Sciatalone e dello Stazzatone sulle cui pendici colonie di Alberi di Giuda (Cercis siliquastrum), hanno ormai quasi completato un quadro rosa violaceo. Il Cercis è un albero a crescita spontanea proveniente dall’Asia Minore sui cui rami, sembra, si sia impiccato Giuda. Però se fosse vera la storiella, il “traditore”, aveva scelto bene il mezzo per uccidersi, una pianta così regale con immagine paradisiaca, quale ultima visione, prima di sprofondare all’inferno.

Scendendo incontriamo molte mandrie di vacche maremmane sul percorso, poi cavalli e qualche asino. A volte, titubanti, transitiamo in mezzo a loro senza capire chi più tema l’altro. Le maremmane sono “figliate”, per questo bisogna andare cauti e far capire loro il nostro amore e le nostre buone intenzioni, rassicurandole con frasi, parole dolci, quando si nota che sono prossime a “partire”, terrorizzate, incapaci di un comportamento tranquillo e ragionevole. Ormai “etofilo” incallito, mi perdo spesso a comunicare con loro, a volte con atteggiamento vocale e mimico. Né traggo spesso risultati sorprendenti. Mi ritrovo piacevolmente ad accarezzare vacche, cavalli, asini e cani. Queste ultime creature sono più vicine a noi, pur di razza maremmana od abruzzese, poco raccomandabili, che fanno paura perfino ai loro padroni. Inspiegabilmente riesco sempre poi ad avvicinarle, accarezzandole e porre perfino le mani entro le loro fauci, ricevendo la zampa in segno di amicizia, od il porgere della parte posteriore, in segno di “sottomissione”.

Riconoscono in me un comportamento determinato e mi rispettano, come io rispetto loro. Non ho mai fatto del male ad una di queste creature, cui dispenso un apprezzamento vocale ed una carezza pur “zeccosi” o “rognosi” che siano, accettando anche di essere leccato con la lingua, segno di fraternità.

La discesa è più veloce del previsto. C’è la pausa pranzo, allegra, sul greto di un fosso, poi di nuovo la marcia e l’arrivo sull’Aurelia alle ore 14.35, un vero record, ove ci accorgiamo che gli italiani sono tutti sulle spiagge.

Al momento pochi avvertono la stanchezza del percorso, ma in seguito, per la discesa, alcuni doloretti si faranno sentire. Sono gli effetti posturali ossei e dell’acido lattico su muscoli “antagonisti”, comunemente mai adoperati. Ma quanti “Robocop” (mah si scriverà così) il giorno dopo!

VANI, 25-04-2010


LE FOTO
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