“Dulcis in fundo”, come qualcuno dei più assidui “Tiburs” ha voluto apostrofare l’uscita!
Cieli sereni ed un bel sentiero naturalistico nel cuore della maremma, “San Rabano”, tra le escursioni alternative offerte dall’Uccellina, indicata per soli escursionisti provetti del tipo “EE, è la meno frequentata perché temuta, intimorisce. Ma in effetti non è poi così difficoltosa, se si dispone di una guida tranquilla che possa distribuire e cadenzare i passi del gruppo in relazione alle avversità contingenti del percorso.
La meta si raggiunge con un po’ di fiato grosso per la presenza di un paio di lunghe salite che portano, nel termine di appena due chilometri, dal basso dei “Pratini” a Poggio Alto (mt. 326 s.l.m.) ed ancora più su per Poggio Lecci (mt. 426 s.l.m.). Il sentiero affronta “a brutto muso” i così detti Monti dell’Uccellina, che “monti” veri e propri affatto non sono, tra il conforto di macchie marittime e boschi cedui di lecci ed altre “cerque”. Olezzanti aromi di un tempo si diffondono tra rumori “antichi” che risvegliano ricordi del nostro passato, stormire di fronde, canto di uccelli di bosco e nel sottofondo, un silenzio rilassante, antidepressivo.
Forse disegnato dai boscaioli pistoiesi - viste alcune precipue radure “carbonare” nel bosco, per esigenze di trasporto veloce e diretto di legname, “dal taglio ai carri” - il sentiero taglia dritto senza troppo esitare, di quando in quando, lo svuoto di qualche piccola terrazza consente di tirare il fiato e scrutare l’orizzonte infinito. Un mare esteso tutt’uno con il cielo e qua e là, posti con ordine e gusto pittorici, l’arcipelago toscano, il promontorio Castiglionese, gli istmi di Talamone e Cala di Forno, le torri di avvistamento di Castel Marino e Collelungo. Il Canale artificiale e sotto di noi, quasi a toccarla con un dito, la lunga spiaggia bianca di Collelungo, con dune del glaciale, lambita dalla smisurata e profumata macchia di rosmarino, cisto e lentisco. Poco evidenti ormai, discoste dalla linea del mare, le rocce marine emerse nel Mesozoico con grotte ed anfratti ospiti di orsi, tigri dai denti a sciabola che condivisero l’ambiente probabilmente con l’uomo di Neardental. Poi le falesie arse di sale marino, il tombolo, l’estesa pineta Granducale e la tenuta della “Trappola”, che catturava le navi turche che si avventuravano entro la laguna delle Bocche d’Ombrone. Poi il padule, un tempo confine di vita e morte. Canneti, giunchi, stagni ed acquitrini ricovero di anatidi, infide sabbie mobili, regno di malaria e briganti in continua contesa con il vivere, malasorte e spregio per poveri avventurieri!
Un “belvedere” il San Rabano ed un percorso per camminatori alla ricerca del passato, del perduto senso della vita, ripagante dalla fatica degli strapazzi dell’erta, adatto per chi cammina non soltanto per il gusto di camminare!
Una svelta discesa, dopo la “scollinatura” dei rilievi, porta diritta diritta sulla sella ove i monaci Benedettini Cassinesi, nell’alto Medioevo, hanno realizzato il bel complesso monastico. I monaci, nella scelta della ubicazione dei loro siti, vanno lasciati stare. Il cenobio si trova entro una conca naturale che non conosce vento, ove la vegetazione si sviluppa con fronda rigogliosa. I raggi del sole lo scaldano per tutto l’intero giorno e per buona parte dell’arco annuale per il giusto taglio collinare, parallelo alla direttrice, “sud’est –nord’ovest”, del cammino solare. L’acqua viene raccolta entro il naturale impluvio, mentre una Torre elevata proietta proficuamente lo sguardo su tutta la costa e sulla non lontana consolare Aurelia. Un eden che lascia senza parole.
Lasciato “San Rabano” si raggiunge velocemente, in pochi chilometri, lungo un sentiero a tratti scarsamente leggibile, la strada di raccordo del Parco.
Abbazia benedettina costruita, nel cuore dei Monti dell’Uccellina, intorno all’undicesimo secolo dopo Cristo. Dedicata a Santa Maria Alborense, si trova poco avanti un preesistente romitorio forse già tempio etrusco-romano. Nel quattordicesimo secolo della nostra era, il complesso monastico venne lasciato all’ordine dei Cavalieri di Malta (1) che lo fortificarono e crearono, con funzioni di controllo ed avvistamento, la Torre dell’Uccellina, per prevenire le invasioni dal mare dei saraceni.
All'interno della torre sono riconoscibili le tracce di quattro piani, oltre quello terreno, al di sotto del quale presumibilmente, si trovava una prigione.
L’imponente complesso, posto su un pianoro di circa un ettaro, si presenta in buono stato di conservazione, malgrado la distruzione voluta dai senesi nel 1438. Realizzato con roccia locale (marmo alberese) in stile romanico, dispone di chiesa ad un’unica navata, con transetto che lega due cappelle laterali, con tiburio circolare e cupola. Sull’architrave della facciata della chiesa sono poste tre croci templari. Un imponente campanile a sezione quadrata svetta alto su cui fanno bella mostra eleganti bifore e monofore a tutto sesto. Attorno agli ambienti religiosi si notano strutture murarie realizzate in epoca più tarda forse opere di fortificazione.
Il nome attribuito al luogo sembra che derivi da alcune reliquie del Santo, deposte nel tempietto poco avanti ubicato, presso il citato romitorio, che attraverso una strada, detta “regina”, veniva raggiunto, per proseguire verso l’antico tracciato della consolare Aurelia.
N.D.R. (1) La presenza di croci templari sulla facciata della chiesa di San Rabano possono significare il passaggio nel luogo dei famosi “Poveri Cavalieri di Cristo”, che fino al 1300 avevano il controllo delle vie consolari per garantire l’incolumità dei pellegrini verso Roma. La decadenza del complesso indicativamente portata intorno al secolo predetto, potrebbe ulteriormente avallare tale mia ipotesi ove ulteriormente si consideri che buona parte del patrimonio immobiliare dei Templari, dopo la nota bolla papale che sanciva l’abolizione dell’ordine, passò in eredità ai Cavalieri di Malta (1). .