“RE GUSTAVO ADOLFO VI DI SVEZIA - SAN GIOVENALE - CIVITELLA CESI – IL VESCA "

Prima di descrivere le particolarità del sito odierno mi corre l’obbligo di presentare il “padre putativo di questo luogo”. Si tratta di un eccellente cittadino svedese, che ha operato in zona a 360°, dal 1956 al 1965, con una squadra di archeologi ed operai, mettendo in luce aspetti vari dei siti storici, di cui, a quel tempo, se ne disconosceva l’ubicazione, ma risultavano noti da fonti dirette (autori latini). Il tutto poi … a spese dell’Istituto Svedese di Studi Classici con sede in Roma.

Sto parlando di quell’eccezionale personaggio che fu Re Gustavo Adolfo Sesto di Svezia, e di ciò che ha dispensato nel campo dell’archeologia.

Si deve a lui se Luni, San Giovenale, Acqua Rossa etc., sono riapparse dal nulla. Amante dell’Italia con particolare predilezione per il Mondo Etrusco, tanto si è prodigato per i nostri territori, sollevando da millenari sedimenti località storiche del lontano passato.

Oskar Fredrik Wilhelm Olaf Gustav Adolf av Bernadotte (Stoccolma 11 novembre 1882 – Helsingborg 15 settembre 1973), fu Re di Svezia dal 1950 fino alla data della sua morte.

RE GUSTAVO

OSKAR FREDRIK WILHELM OLAF ADOLF,
UN UOMO SEMPRE VIVO E PRESENTE NEI “SUOI” TERRITORI ETRUSCHI!!

Durante le campagne di scavo svolte in Italia si notava spesso Gustavo aggirarsi per le forre tufacee alla ricerca di qualche indizio utile alle sue ricerche. Tanti aneddoti circolano su questo monarca archeologo ma alcuni tra i più veritieri e significativi val la pena che vengano riportati.

“”Un giorno il Re venne invitato a cena da certe autorità viterbesi, ma giunto nel luogo di ritrovo non trovando tra gli invitati i suoi operai, domandò! Ma dove sono i miei operai? Quando gli fu risposto che non erano stati invitati, egli replicò: “allora non vado a tavola nemmeno io””.

“”Un’altra volta Gustavo si trovava a passare nei vicoli di Civitella Cesi, giunto avanti ad una casupola ove c’era una donnetta seduta su una sedia di paglia intenta a sferruzzare lana, la salutò chiedendole da quale parte venisse quel buon odore di cucina che circolava per il vicolo. La signora, vestita di nero come tutte le nostre nonne di paese, riferì che quel profumo proveniva dalla zuppa di verdure che stava cuocendo sul suo focolare e, se fosse tornato più tardi, gliela avrebbe fatta assaggiare. Il Monarca, in anonimo, non se lo fece ripetere due volte ed intorno alle dodici si presentò dalla donnetta. Divorò letteralmente con gusto un piatto di quell’acqua cotta, annacquata con dell’ottimo olio della Tuscia, bevve pure un buon vino, mantenendo l’anonimato anche quando la vecchietta gli raccontò che in paese si parlava che un certo re del nord Europa, si aggirava tra le campagne alla ricerca delle case degli “etruschi”. Al termine del pranzo ringraziò la signora salutandola a dovere, ma il giorno dopo le fece pervenire, dai suoi ambasciatori, alcuni regali di un certo pregio.””

Re Gustavo, era un uomo democratico di forti ideali, con elevato senso dell’uguaglianza, che nulla aveva a che vedere con i regnanti suoi coevi, tantomeno con quelli del tempo passato!

civitella cesi

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Gli scavi operati dall’Istituto Svedese, hanno messo in luce tutti i periodi storici e preistorici che si sono succeduti sul colle. Individuato siti di capanne appenniniche sul pianoro, che nelle nostre aree appartenevano all’uomo delle età del bronzo. Delle abitazioni, ovviamente, restano solo i fondi ovali punteggiati da fori nel tufo - per l’alloggiamento dei pali di sostegno - ed uno centrale più grosso per il palo maggiore per il tetto di copertura. Sulla circonferenza l’intelaiatura dei pali era, come anticipato, a forma ovale, con andamento conico, ad una certa altezza, convergente sul palo centrale, ove si apriva un foro apicale con funzioni di “camino”. Tutto l’esterno era foderato da fascine di canne erica e fango sovrapposte, che rendevano impermeabili le abitazioni. Il fondo delle capanne con lieve incasso nella roccia ospitava un pavimento pressato di fango e ciottoli di fiume. Periodicamente tale fondo veniva ripristinato con sovrapposizione dello stesso materiale (in San Giovenale sono stati osservati ben 5 strati antropici distinti). Tale realizzazione ha consentito un’utile conservazione dei frammenti dei reperti di ogni genere nella spessa stratificazione fangosa (cocci, stoviglie, scarti dei pasti giornalieri etc.) rivelando cose importanti sul sito e sui suoi abitanti, non ultima, quale la frequenza dell’uomo per un periodo non interrotto di almeno mille anni, corrispondenti a tutte le età del bronzo. Dell’ultima facies del bronzo finale 1.100 a.C. c.a., sono apparse tracce di un incendio che deve aver devastato tutte le capanne del pianoro. Da quel momento, di ciò che storicamente “avvenne” sul sito, appare evidente dalle emergenze visibili e dai materiali archeologici rinvenuti: “abitazioni e tombe del periodo etrusco, strutture medievali (chiesa e castello).

san giovenale

L’escursione prende le mosse dal Centro Antiquitates di Civitella Cesi del Bartoli, uomo interessante e noto per la sua ospitalità, per la passione per la storia e per gli etruschi, per la mirabile ricostruzione delle capanne appenniniche, abitabili, che lui puntualmente affitta a gruppi di persone, e per la collaborazione con le università per portare avanti studi e conoscenze del mondo etrusco.

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CAPANNE APPENNINICHE REALIZZATE DAL BARTOLI A CIVITELLA CESI

Affrettiamo il passo, “saltando” il canonico caffè, perché dobbiamo raggiungere l’antico “centro etrusco abitato”, posto su una classica altura tufacea caratterizzata da un ripiano con andamento ovest–est, diviso da più tagli non naturali nella roccia. Il maggiore con andamento serpeggiante da modo di raggiungere l’acropoli, dal suo corso d’acqua, il Vesca, l’abitato e parte dell’area necropolare.

Il nostro percorso si snoda dalla strada asfaltata per un bel sentiero “natura” che fiancheggia il Vesca e porta fino alle pendici del colle di S.Giovenale.

Sconosciuto il nome etrusco del luogo, perdutosi nella storia, che Livio lo identifica con Contenebra, centro Etrusco distrutto dai romani nel periodo delle invasioni dell’Etruria, la cui ubicazione anch’essa perduta. Gli archeologi gli hanno affibbiato il nome di San Giovenale come la chiesuola del XIII secolo d.C., realizzata in luogo prossimo al castello della potente e malvagia famiglia dei Di Vico (*).

Numerose le necropoli sottoposte a San Giovenale, e noi oggi, per brevità, ne visiteremo soltanto una, quella di Casal Vignale, mentre più o meno in zona abbiamo Porzarago, Grotta Tufarina, Castellina Camerata, Fosso Pietrisco, La Staffa, Valle del Vesca, Ponton Paoletto, Monte Vangone, Pontesilli. La strada che noi percorriamo dal Vesca all’Acropoli, buon mezzo di comunicazione, taglia il colle ed offre nel contempo una valida difesa da incursioni nemiche. Nel periodo medievale la doganale Tolfa-Viterbo, ora abbandonata, ha riutilizzato in quel tratto il fondo della preesistente strada etrusca.

LA NECROPOLI DI CASAL VIGNALE

Dopo aver “scollinato” risalendo la strada proveniente dal limpido e gaio torrente, troviamo sulla destra, su una costa tufacea, tutta una serie di tombe a dado, V-IV secolo a.C., di indubbia influenza “tarquiniese”, solo alcune di esse sono agibili mentre tutte le altre presentano evidenti segni di crollo. Queste tombe appartenevano sicuramente ad una “casta” etrusca dominante.

Ma per vedere qualcosa di bello ed interessante occorre imboccare un viscido sentieretto a ridosso del costone di tufo predetto per raggiungere la parte sud dell’area necropolare di Casal Vignale. Quest’area presenta tumuli del settimo secolo avanti Cristo. Troviamo qui, portati in luce, due maestosi complessi tombali a tholos, utilizzati per la sepoltura del lucumone e dei suoi familiari. Quest’arte etrusca è comune nelle necropoli di Cerveteri, Tarquinia, Vulci, Vetulonia e Populonia, e richiama in modo particolare l’architettura funebre delle tombe Micenee, il che lascia molte perplessità.

Le nostre “tholos” sorrette da un “tamburo circolare” perimetrale, si presentano a forma di cupola con un dromos di accesso laterale. In alcuni casi, ricche decorazioni pittoriche o scultoree ornano l’interno della camera sepolcrale principale che, a volte presenta un pilastro centrale per sorreggere il tetto a cupola, realizzato con pietre ad aggetto. Quasi sempre presenti celle laterali che anticipano sul dromos la porta principale di accesso alla tomba. Nel nostro caso, “nel tumulo 1”, queste “pre-celle” laterali presentano un tetto stramineo, scolpito nel tufo mentre sul soffitto della cella maggiore, a due ambienti, è ripreso il classico tetto delle abitazioni etrusche con trave centrale e travetti laterali. Classici i letti di deposizione, in genere due, realizzati lateralmente su banco di tufo.

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LE TOMBE A DADO DELLA NECROPOLI DI CASAL VIGNALE

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PRIMA TOMBA A THOLOS DI CASAL VIGNALE

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SECONDA TOMBA A THOLOS DI CASAL VIGNALE

"IL BORGO ETRUSCO”

Il borgo di San Giovenale e quello di Acquarossa (Vt), unici abitati pervenutici dal mondo etrusco, ci mostrano come gli etruschi costruivano le proprie abitazioni. Realizzato tra il VII e VI secolo a.C. il borghetto di San Giovenale, abitato “popolare” utilizzato dagli operai dediti alla riduzione del ferro ricavato dai monti della Tolfa, presenta una logica tecnica di costruzione. Non disponendo gli etruschi della “malta”, di cui i romani faranno ampio utilizzo, davano stabilità ai muri delle case, utilizzando grosse pietre parallelepipede connesse a secco. Osservando il villaggetto si potrebbe opinare che il sistema di costruzione “etrusco” abbia in un certo senso influenzato il successivo stile architettonico “romanico”.

Il resto del colle presenta fondi di case prive di muri, cisterne per conservare l’acqua.

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IL BORGHETTO ETRUSCO

IL CASTELLO – LA CHIESUOLA DI SAN GIOVENALE - LE CASE DEI VIP ETRUSCHI – LA VALLATA DEL VESCA

Lasciato il colle del borgo, raggiungiamo il luogo ove fu l’acropoli etrusca ora Castello Medievale, costruito con pietre sottratte alle case e tombe etrusche. Penetriamo attraverso un elegante antico portale prossimo al castello, appartenuto alla potente e malvagia famiglia dei Di Vico. Realizzato a base triangolare, si suppone che non sia stato mai portato a termine. Posto a controllo della Via di comunicazione che dai monti della Tolfa raggiungeva l’area Viterbese, non fu più terminato perché venuti meno alcuni presupposti legati a fattori di scopo ed utilità.

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LA PORTA DI ACCESSO ALL’ACROPOLI

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IL CASTELLO A BASE TRIANGOLARE

LA CHIESA DI SAN GIOVENALE

Scarse notizie ci pervengono sulla piccola chiesa di tufo, prossima al Castello, anch’essa realizzata con pietre sottratte alle emergenze etrusche, chiaramente realizzata per una piccola comunità. Si presenta con abside ed un’unica navata, forse realizzata su un tempio etrusco; si disconosce il motivo per cui gli fu attribuito il nome del santo, che fu il primo vescovo di Narni e si festeggia nella cittadina il 3 maggio.

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LA CHIESUOLA DI SAN GIOVENALE

Mentre, avanti la chiesuola di S. Giovenale, si nota nascosto dalla vegetazione, un altro taglio nella roccia con andamento ortogonale all’asse collinare. Di la dall’essere una via di comunicazione, ha tutta l’aria di uno sbarramento difensivo.

Procedendo oltre si notano le basi di alcune abitazioni realizzate con criteri di ortogonalità e funzionalità, si suppone che altre analoghe emergenze esistano sotto lo strato alluvionale dell’ampio terrazzamento.

Altre fondamenta di non identificate costruzioni si notano su tutto il pianoro mentre, nella parte estrema del colle, si gode un’ottima la vista dell’ampia valle del Vesca, tra elevate pareti di tufo.

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LA VALLE DEL VESCA

IL PERCORSO NATURALE LUNGO IL FOSSO PIETRISCO

Per concludere degnamente la giornata occorre superare alcune fatiche “erculee”, scendere il sentiero che costeggia il fosso Pietrisco e guadare per ben due volte il Vesca. L’utilità delle decantate buste edili non si sa per quale motivo non ci abbia tanto magistralmente protetto nel traversare il torrente in piena.

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IL SENTIERO SUL PIETRISCO

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I GUADI SUL VESCA


 

(*) Qualcosa sulla Famiglia Di Vico

FRANCESCO DI VICO – Prefetto, figlio di Giovanni 3°, la sua vita non poteva non essere orientata da tanto padre. Francesco crebbe e respirò l’aria delle fazioni, delle lotte baronali, delle battaglie politiche. Venne spesso dato in ostaggio e, proprio in questa veste e su ordine del tribuno, lo troviamo nelle mani di Cola di Rienzo a garanzia del mantenimento della quiete in Roma. Nel 1346 ebbe il suo battesimo di fuoco partecipando in armi ad una campagna contro i baroni romani ribellatisi a Cola: al momento del pranzo venne disarmato ed imprigionato con il padre. L’anno seguente venne dato nuovamente in ostaggio a Cola per garantirgli la restituzione da parte del padre la restituzione del Castello di Respampani. Nel 1355 è in ostaggio dell’Abornoz per garantire la restituzione delle rocche di cui suo padre si era insignorito. L’Abornoz valorizzò il giovane Francesco nominandolo suo capitano con il compito di mantenere la pace nella città della Marca. Nel 1370 Urbano 5° gli impedì di duellare con Francesco Orsini in una disputa nata per i soliti rancori esistenti tra i baroni romani. Nel 1375 è signore di Viterbo e due anni dopo, ribellatosi, sobillò il popolo romano al fine di creare sconcerto e malumore. Papa Gregorio 11° stipulò con Francesco un onorevole accordo di pace. Nel 1387 fu ucciso in un assalto armato alla città di Viterbo delle truppe del Cardinale Tommaso Orsini. Nel corso della battaglia Francesco fu riconosciuto da un certo Palino Tignosi, il quale lo inseguì, lo trafisse con una lancia e poi lo gettò da un profferlo. Si racconta che la vendetta di Giovanni Di Vico, bastardo di Francesco, sia stata orribile: riuscito ad avere nelle sue mani l’uccisore del padre, lo condusse nella Rocca di Respampani , dove lo fece ingrassare ben bene, nutrendolo lautamente. Quando gli parve “a tiro” lo fece condurre sulla piazza della Rocca di Viterbo, tagliò il suo corpo a piccoli pezzi, ancora vivo e sotto i propri occhi venne dato in pasto a certi mastini tenuti a digiuno per più giorni. La moglie madonna Perna, gli partorì una figlia Giacoma, che venne tenuta per lungo tempo in ostaggio da Urbano 6°. (Da “I personaggi delle memorie storiche della città di Corneto”).

Vanì, 09-12-2012


LE FOTO
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