L’escursione proposta per questa uscita è il Parco Archeologico e Naturalistico di Vulci. Esattamente un anno fa, il 22 novembre, ci siamo recati allo stesso Parco dopo una notte di nubifragio e i percorsi pieni di fango non ci hanno permesso di visitare tutto.

All’appuntamento ci siamo ritrovati in formazione ridotta: mali stagionali di alcune ragazze ed impegni di servizio di alcuni operatori non hanno permesso l’uscita delle nostre amiche dell’Istituto Calamatta.

Vulci è tra i più importanti centri dell’Etruria antica. Il territorio frequentato, nel periodo neolitico, sin dal II millennio avanti Cristo fu successivamente insediamento degli etruschi. Intorno agli anni 1.000 a.C. l’occupazione si è concentrata su un pianoro la cui posizione strategica era molto favorevole: poco distante dal mare e lungo il corso d’acqua di notevole rilevanza, il fiume Fiora. Tra il IX ed il VII secolo a.C. si ebbe un rapido sviluppo dei centri etruschi dovuto allo sfruttamento delle risorse minerarie, alle risorse agricole, allo scambio di rapporti con popolazioni greche e orientali e con le colonie greche dell’Italia Meridionale. Tra il 700 ed il 600 a.C. ci fu un notevole sviluppo di commerci marittimi. L’importazione di opere di artigianato dal bacino orientale permisero a numerose maestranze specializzate di stanziarsi sul territorio. Cosicché la Città sul pianoro continuava ad espandersi, aprendo nuove botteghe e ateliers di artigiani che fabbricarono splendidi vasi, raffinati gioielli e ricercatissimi oggetti in bronzo. Tra il 600 ed il 500 a.C. Vulci divenne una delle più potenti città del Mediterraneo. Ebbe anche riflessi in ambito politico: il nobile Mastarna di Vulci, giunse a Roma e dopo diverse vicende sarebbe stato incoronato Re con nome di Servio Tullio. In seguito ad una sconfitta navale nel 475 a.C subita a Salamina dalla flotta di Siracusa, si determinò una interruzione delle relazioni commerciali con le colonie greche dell’Italia Meridionale e con i mercati di Cartagine e Naukratis. A partire dal 450 a.C. la crisi, che colpì le Città etrusche, non risparmio neanche Vulci. Nel secolo successivo ci fu una ripresa dovuta all’avvento al potere della vecchia aristocrazia terriera che favorì il rilancio delle attività collegate con lo sfruttamento del latifondo. La produzione di ceramiche e sculture raggiunse il punto più alto della propria espressività nei dipinti della Tomba di Vel Saties (Tomba François). Nel 280 Vulci fu conquistata dai romani per mano del console Tiberio Coruncanio. Le produzioni artistiche decaddero. Nel 50 a.C. ci fu un tentativo di rinnovato interesse quando l’amministrazione favorì la ricostruzione ed il restauro di edifici pubblici presenti nel centro urbano. Tuttavia Vulci iniziò a spopolarsi sino a quando completamente abbandonata cadde nell’oblio più completo.

I suoi resti e la sua storia torneranno ad essere oggetto di studio agli inizi del 1800, quando illustri visitatori riconosceranno nelle testimonianze archeologiche, i resti di una delle più misteriose e affascinanti città dell’Etruria Antica.

Giunti nei pressi della biglietteria del parco, abbiamo parcheggiato i nostri automezzi e ci siamo messi in cammino lungo il sentiero che ci ha portato alla Porta Ovest, quindi all’Area del Foro e alla Casa del Criptoportico, sontuosa dimora aristocratica risalente alla fine del II sec. a.C.. Quindi giù verso l’approdo fluviale da dove costeggiando il Fiora, abbiamo raggiunto il laghetto del Pellicone – incantevole angolo di Paradiso terrestre - dove ci siamo fermati per il pranzo a sacco. Dopo la sosta pranzo, abbiamo visitato il Museo Nazionale Etrusco al Castello della Badia.

C. Melia