Graziosi salti d’acqua formati da un ampio e variegato impluvio naturale, a sud ovest del lago di Bracciano, su tratti di una serie di fossi e torrentelli, posti a “ragnatela”.
Questi corsi d’acqua sono alimentati superficialmente da piogge, acqua termale e dal naturale “supero” del giusto livello idrico del grande bacino del lago (tramite il Fosso della Mola?), pertanto hanno “andamento” stagionale.
Non sarebbe stato sufficiente, a creare a quelle “cascate”, il lento logorio degli agenti atmosferici e l’impatto dei corsi d’acqua, se il territorio fosse stato soltanto pianeggiante e del tipo alluvionale. Qui la natura ci ha messo del suo.
Dobbiamo per questo prendere in esame la stratificazione geologica del territorio, e poi dare il giusto peso agli elementi naturali e meteorologici che lo hanno profondamente modellato e determinato.
Il territorio del Lazio, come del resto quello di gran parte della penisola italiana, ha iniziato a formarsi ed evolversi circa 200 milioni di anni fa, ed è tutt’ora sottoposto a continua trasformazione, definita “instabilità idrogeologica”.
La nostra Regione si presentava dapprima come una sorta di mare paludoso, poco profondo, che si estendeva dalla catena montuosa degli Appennini fino alla attuale linea di costa del Tirreno.
In alcuni punti, come isole, per effetto di movimenti tettonici, emersero banchi di scuro basalto del tipo “colonnare”.
Il basalto è frutto del magma di antichi vulcani sottomarini venuto a contatto con l’acqua che ne ha causato l’improvviso raffreddamento e solidificazione.
In seguito queste rocce sono emerse e le loro depressioni sono state ricoperte da depositi alluvionali e da fenomeni vulcanici più recenti.
E’ ora la volta dei corsi d’acqua e degli agenti atmosferici, che hanno cominciato ad incidere e modellare il territorio così eterogeneo ed ove il terreno veniva facilmente asportato (sabbie, argille, lapilli, ceneri e tufi) si sono formate profonde forre.
Ma i banchi di scuro basalto, posti a diversi livelli, data la loro elevata resistenza all'usura e alla compressione sono riemersi. Sono questi che ci hanno regalato le nostre belle “Cascatelle”!
Il Fosso della Caldera: nasce dall’omonima pozza d’acqua termale, nei pressi di Manziana, per finire nel Fosso della Mola.
Il Fosso di Pianciano: poi detto di Monte La Guardia, genera la Caduta dell’Ospedaletto o del Moro (la 1^ - Mt. 35 c.a.), si immette nel Fosso della Mola.
Il Fosso della Mola: nasce nei pressi di Bracciano e forma la cascate della Mola (la 2^), e di Castel Giuliano (la 3^ 30 Mt. c.a.). Appena a valle dei due salti d’acqua, il fosso anzi citato è chiamato “Torrente delle Ferriere” (per la presenza di due opifici che servivano, in un recente passato, per la estrazione del ferro dalle rocce). In questo tratto del corso d’acqua si trova una cascata d’acqua, che forma un ameno laghetto, detta (Braccio di Mare – la 4^).
Poco più avanti si incontra il Fosso Vaccinella, che si immette nel Fosso principale, e presenta una bella caduta di acque così detta del “Vaccinello” (la 5^ 40 Mt. c.a.).
La suggestiva rassegna dei salti d’acqua è chiusa dalla cascatella c.d. dell’Arenile (la 6^). Mentre le peripezie del Fosso principale non si esauriscono qui! Nei pressi di Castel Dannato, riprende il suo primo nome (ma non l’ultimo), ovvero “Fosso della Mola”. Ma davanti a Cerveteri, il corso d’acqua, arricchito dai vari apporti, seppur di piccoli immissari, ricambia “generalità” e si presenta ufficialmente, non per suo volere, con il nome, ormai definitivo, di “Fosso Vaccina”.
Questi brevi cenni, forse ancora incompleti, potranno un po’ chiarire alcune lacune che generalmente affiorano nella lettura dei siti Internet analoghi al nostro, nel descrivere il luogo in esame e le sue “cascatelle”.
Testo apocrifo posto a corredo dell’escursione “Tiburziana” del 9 marzo 2003
La frazione di Castel Giuliano rappresenta un interessante esempio di insediamento agricolo seicentesco: si sviluppa su tre file parallele di case a due piani costruite secondo un’unica tipologia; le case terminano su un piazzale dominato dal Castello padronale. Castel Giuliano fu feudo dell’Ospedale del S.Spirito e, in seguito, della Famiglia Patrizi.
Nel cuore di una grande tenuta, alla pendici dei Monti della Tolfa, si trova il suggestivo parco secolare di Castel Giuliano, antico insediamento etrusco e romano, divenuto proprietà dei marchesi Patrizi fin dal Cinquecento.
Dopo secoli di abbandono, i proprietari hanno voluto restituire, grazie a lunghi ed accuratissimi restauri, al Parco, al Castello ed alla Chiesa di famiglia un lustro ed uno splendore dimenticati da tempo.
Entrando in questo giardino incantato dove una natura incontaminata si fonde armoniosamente con una sapiente ricerca botanico-paesaggistica, si è subito immersi in una vegetazione dove trovano il loro posto ideale erbe aromatiche e cespugli fioriti sovrastati da pini marittimi, querce e cedri del Libano centenari che accentuano il contrasto tra la natura spontanea ed una voluta raffinatezza di toni e colori.
Ma la vera particolarità di questo giardino sono comunque le rose per cui la marchesa Umberta Patrizi nutre da anni una vera passione che le ha consentito di trasformare Castel Giuliano in uno dei maggiori roseti italiani privati. Centinaia di rose antiche si arrampicano sulle vecchie mura, altre arbustive riempiono grandi spazi insieme alle digitali, ai mirti ed agli azzurri ceanoti. Resti di tombe e magazzini etruschi coperti da felci e licheni affiorano dalla fitta macchia a ricordare il passato.
Castel Giuliano fu abitato da etruschi e romani dai tempi più remoti, dei quali ancora oggi è possibile riconoscerne le vestigia, costituite dai resti di un muro di cinta e da numerose tombe etrusche ormai da tempo violate.
Nel Medio Evo fu proprietà della famiglia Venturini (Patrizi Romani) da allora fu frazionata e passò, come bene dotale, in numerose famiglie, tra cui gli Orsini, i Massimo, i Chigi con Agostino il Magnifico. Nel 1546 tutti i lotti furono acquistati e riuniti da Giovanni Patrizi ed i suoi discendenti, comprese le tenute del Sasso e del Sambuco. Nel 1635 tutta la proprietà fu eretta a marchesato dal Papa Alessandro VII (Cardinale Fabio Chigi) in favore di Patrizio Patrizi che ricoprì la carica di Generale delle Poste e Senatore di Roma.
Le tenute di Castel Giuliano, Sasso e Sambuco, arrivarono a ricoprire 5287 ettari. Il territorio è ancora attraversato da numerosi cunicoli etruschi, alcuni ostruiti, ma altri alimentanti ancora oggi i fontanili della proprietà.
Sono rimasti dal 1500 circa, i resti di un’antica ferriera, vicino al Fosso della Caldara, proveniente dalla Caldara di Manziana, attorno alla quale si trovano ancora numerose scorie ferrose.
L’insieme dei terreni di Castel Giuliano è costituito da terre e colline di origine vulcanica; quest’ultime ricoperte da flora e fauna tipicamente mediterranea con l’eccezione di qualche intrusione di piante di castagno. Per quanto riguarda la fauna, numerosi sono i cinghiali, i daini ed i mufloni.
Alcune di queste colline boscose, chiamate “monti” sono percorribili su stradoni tracciati sia per facilitare la gestione forestale, sia per la tradizionale caccia al cinghiale, detta “cacciarella”.
L’edificio principale di Castel Giuliano è il Palazzo Patrizi, costruito in più tempi ed il cui assetto definitivo è stato portato a termine tra il ‘600 ed il ‘700 dall’arch. Cipriani, con l’aggiunta al nucleo più antico di un grande scalone e di una galleria affrescata dal Passeri.
Adiacente al Palazzo si trova la Chiesa padronale del 1700, che fu parrocchia per moltissimi anni, intitolata a S.Filippo Neri, e che è stata recentemente restaurata dal proprietario. Prospiciente al palazzo il parco dello stesso. Dal tempo della loro acquisizione nel 1546, le tenute sono rimaste, sia pur ridimensionate, alla famiglia Patrizi.
Il Parco del Castello è frutto di un’intensa opera di ricostruzione e trasformazione, la corte, dove fino a pochi anni fa i trattori percorrevano sentieri di terra battuta, è ora un giardino dove il sapiente gioco dei colori, la profusione dell’erba, l’armonioso succedersi delle fioriture al ritmo delle stagioni e la stessa abbondanza delle presenze vegetali viene percepita come lieve e leggera: da una parte vediamo rivivere le antiche ed alte mura della dimora, dall’altra si stempera e fonde con i grandi spazi circostanti.
Nel parco si possono ammirare alcune delle più belle collezioni botaniche, ecco alcuni esempi:
Vanì, 17-1-2016